Encounter Narratives

29.09.22 - 12.11.22

A cura di Lóránd Hegyi

La Galleria Umberto Benappi di Torino ospita nei sui spazi Encounter Narratives, a cura di Lóránd Hegyi, primo appuntamento della rassegna Promenade.

Promenade è un progetto espositivo, composto da tre mostre, il cui intento è quello di concentrarsi sulla rivisitazione delle visioni estetiche ed artistiche di una specifica generazione di artisti, la cui carriera e il cui destino sono stati profondamente legati agli anni ’80. I giovani artisti della fine degli anni ’70 e dei primi anni ’80, anziché continuare la creazione di movimenti, di metodi e di nuove versioni del mito modernista, hanno proposto un linguaggio visivo radicalmente eclettico basato su una combinazione soggettiva di cultura, storia, mitologia e riferimenti etnografici. La pittura, in ogni suo stile, conquistava l’interesse di gran parte dei giovani talenti; così esempi, tratti dalla storia dell’arte, da costellazioni antropologiche e da riferimenti archetipici e mitologici, si sono mescolati a soggetti emotivi, intimi e ad immagini pittoresche e fantasiose, riempiendo le tele. Promenade mette il pubblico a confronto con l’opera pittorica di alcune figure rappresentative di questo periodo di transizione caratterizzato da fondamentali cambiamenti concettuali riguardanti la storia, la mitologia, l’arte e le metafore culturali. La maggior parte delle opere presentate sono opere contemporanee che rivelano l’attuale orientamento dei loro creatori pur evocando contesti specifici degli anni ’80, momento in cui nuove ed inedite connessioni culturali tra i diversi campi delle esperienze e delle proiezioni umane sono entrati a far parte della prassi artistica.

 

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La mostra Encounter Narratives presenta una selezione complessa e multistrato di opere di tre artisti provenienti da Italia, Austria ed Ungheria. Tre pittori della stessa generazione i cui esordi sembrano inseparabili se si considerano i profondi e fondamentali cambiamenti del paradigma dell’arte tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Questo periodo turbolento ha visto, da un lato la delegittimazione lentamente affermata di alcune strategie tardo-moderne, la perdita di credibilità di qualsiasi formalismo elitario e di sistemi tautologici riduttivi, e la revisione dell’ottimismo espansionistico dell’Avantgarde, dall’altro una svolta appassionata ed eloquente verso il soggettivismo, l’eclettismo e le narrazioni personali, introverse, o meglio indirizzate verso l’appropriazione soggettiva di certe metafore culturali mitologiche e archetipiche. Riferimenti storici e modelli psicoanalitici e antropologici sono stati inseriti in vocabolari visivi di nuova elaborazione, basandosi su citazioni libere e fluide, su citazioni di linguaggi eterogenei dell’intera storia dell’arte, così come su segnali di “bassa” cultura, su sistemi segnici sub-culturali urbani e persino su modelli etnografici. Possiamo osservare un’apertura radicale anche verso soggetti letterari e mitologici, così come l’eliminazione di alcuni tabù modernisti come l’evitare la resa mimetica del mondo visibile e la confessione della necessaria evoluzione verso la purezza e l’astrazione. Al suo posto si ripropone anche la ricerca di identità personali e micro-comunitarie, la ridefinizione della concretezza e dei sistemi di valori pluralistici. Come chiaramente formulato da Arthur C. Danto: “la concretezza dei sé concreti nelle loro società immediate” è diventata il vero soggetto di un universo visivo eclettico sofisticatamente elaborato. Esempi reinterpretati e attualizzati del Manierismo, del Barocco, del Romanticismo, del Simbolismo o della Pittura Metafisica sono stati integrati, o meglio fusi, in nuove organizzazioni linguistiche di segnali e modelli di diversa origine e l’auto-interrogazione del ruolo dell’artista è diventata una delle questioni centrali del pensiero artistico postmoderno.

Gianni Dessì, tra i fondatori della mitica “Nuova Scuola Romana”, Alois Mosbacher una delle figure di spicco del gruppo artistico austriaco “Neue Malerei” e László Fehér, uno dei pittori più paradigmatici del “New Sensibility”, hanno tutti avuto un ruolo decisivo a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 nel loro contesto culturale di origine, rispettivamente in Italia, Austria e Ungheria. Tutti e tre i pittori hanno partecipato a numerose importanti mostre di quel periodo e di fatto hanno influenzato il profondo cambiamento del paradigma dell’arte negli anni ’80.
Pur essendoci un determinato tipo di dialogo tra gli artisti, la struttura di questa mostra si basa sulla presentazione personale di ciascuna opera, ossia sull’enfatizzare specifici metodi individuali dell’organizzazione di sistemi visivi e di modellazione delle immagini, oltre che rivelarne le specifiche narrazioni incarnate nella loro pittura.

La voce di Gianni Dessì riflette l’immagine dell’artista intellettuale, l’artista inteso come pensatore, il cui oggetto di studio è l’intera storia culturale, a partire dall’eredità dei grandi Maestri, dalla biblioteca della memoria e dalla raccolta di esempi del passato. Il suo atteggiamento si basa sulla rivisitazione del Manierismo e del Romanticismo; il suo lavoro si ispira a modelli di riferimento e di reinterpretazione della storia dell’arte. Esamina i sistemi visivi della rappresentazione di alcune realtà intelligibili e di modelli che mettono in discussione la posizione dell’artista e dell’opera d’arte nell’orientamento universale. Così facendo, il lavoro di Dessì propone una lettura parallela: da un lato la ricerca drammatica, profondamente personale e interrogativa, di definizioni del destino individuale, nonché del percorso dell’artista, e dall’altro l’aspetto intellettuale e ontologico della localizzazione universale della rappresentazione artistica dell’insieme. Gianni Dessì crea immagini drammatiche di autoritratti, e allo stesso tempo reinterpreta e reintroduce vecchi schemi e modelli tradizionali dell’auto-rappresentazione dell’artista come soggetto universale, come immaginario collettivo dell’uomo sofferente. La capacità o l’incapacità di parlare, gridare ed esprimere i propri sentimenti e visioni creano così, nell’opera di Dessì, una narrazione drammatica.

Alois Mosbacher ha elaborato un enorme arsenale di oggetti enigmatici, non definiti, figurazioni strane e inesplicabili, che rappresentano elementi della natura e oggetti combinati artificialmente. Nel fascino della sua pittura spazi misteriosi, confusi, labirintici, foreste e campi con alberi, fiori e piante, e l’intera ricchezza vegetativa, si trasforma permanentemente in un mondo di oscurità caotico, irrazionale e irritante. L’universo pittorico di Alois Mosbacher offre una metafora visiva della nostra realtà come un palcoscenico oscuro, irrazionale e un po’ teatrale, privo di una struttura interna chiara, che manca di coerenza e logica e sembra funzionare sotto la direzione di regole invisibili, inesplicabili e irrazionali. Allo stesso tempo, paradossalmente, il suo pittoresco mondo pittorico appare come qualcosa di naturale, di fondamentalmente probabile e credibile, quasi evidente e vegetativo, organico e vivido. In modo sovversivo, Alois Mosbacher ci mette a confronto con un universo nascosto del nostro mondo interiore, con un impero dimenticato, ma ancora vivido e potente, di immaginazione libera e illimitata, in cui probabilità e improbabilità si mescolano tra loro creando una giocosa incertezza.

L’approccio di László Fehér, alla memoria e alle esperienze storiche collettive, o meglio al doloroso processo di irreversibile perdita di questa memoria, alla lenta scomparsa di precedenti vite e destini, riempie di emotività il suo universo pittorico e provoca, attraverso le sue immagini, una immediata partecipazione, o meglio una autoidentificazione catartica. L’opera di Fehér testimonia l’orientamento intellettuale per eccellenza della sua generazione, che ha iniziato l’attività artistica a metà degli anni ’70 e l’ha consolidata negli anni ’80 e ’90. Al centro del suo lavoro artistico ci sono il ripensamento e la rivalutazione delle capacità narrative della pittura contemporanea, la creazione di una narrazione complessa e referenziale, che riflette diversi livelli e aspetti del nostro orientamento estetico ed etico basato sulla molteplicità anche di sistemi linguistici visivi e sulle loro connotazioni referenziali, nonché sulla molteplicità delle identità e sulla contestualizzazione culturale.
Il ripensamento radicale della struttura epica, la reinvenzione delle narrazioni, la drammaturgia sottile e intelligente, poetica ed emotiva costruiscono un linguaggio pittorico solido e trasparente, che trasferisce una visione complessa della coscienza storica e culturale dei nostri giorni. Allo stesso tempo, la concretezza dell’esperienza personale nella pesante realtà storica e dello specifico destino individuale – per lo più come elemento sofferente, vulnerabile, passivo degli eventi – determina l’universo pittorico dell’artista.

Artisti  Artists

Gianni Dessì

Alois Mosbacher

László Fehér